mercoledì 27 ottobre 2010

Anna e Alessio, tre metri ...



“Quello che per quasi un anno intero aveva formato per Vrònskij esclusivamente l’unico desiderio della sua vita, che aveva sostituiti in lui tutti i desideri di prima; quello che per Anna era un impossibile, orribile e tanto più incantevole sogno di felicità, quel desiderio era soddisfatto.”



 



Lui che scrive è Lev Nikolaevic (Leone di Nicola) Tolstoj, Jasnaja Poljana 1828 – Astapovo Rjazan 1910.



 



Un altro, forse pure scrittore, oggi avrebbe scritto probabilmente “fecero sesso”. Per uno scrittore emergente di mezza età, giovanilista, Anna e Vrònskij  “trombarono” con reciproca soddisfazione.



 



Non si smetterà mai di leggere Anna Karenina.



E neppure di rileggerlo a quarant’anni, perché certi libri non puoi leggerli a vent’anni, è un esercizio inutile.
 



Poi, la storia è finita come è finita.



Oggi Anna Arkàdjevna (Anna di Arcadio) Karenina non si sarebbe suicidata, nossignore. La sua analista le avrebbe spiegato che Aleksjéj Kirìllovic (Alessio di Cirillo) Vrònskij non era che un narciso, incapace di amare altri che se stesso, la personalità irrisolta di un bambino insicuro bisognoso di continue conferme per superare il trauma di non essersi sentito amato e accudito a sufficienza dalla madre.



Forse si sarebbe messa a dieta, tagliata i capelli e comprata un paio di stivali nuovi con la carta di credito del marito direttore generale.



Forse.



 



Quello che è certo è che il gorgonzola dà dipendenza.
E non è sano mettersi a scrivere scemità con il colesterolo in circolo e il senso di colpa che avanza.
(Leone e Natalia Ginzburg mentre traducevano e scrivevano la prefazione erano a digiuno, di sicuro).